Fotografia e musica – Puntata #5

Perchè

Perchè è una canzone splendida, di quelle che (come definisco io) si cantano “in mutande”. Solo tu con un pianoforte, un po’ presente un po’ nascosto, e la tua voce e le sue pieghe e le sue emozioni e.

È come un’altare di sabbia
In riva al mare

Un vecchio richiamo al classico “ho scritto t’amo sulla sabbia” (di una decina d’anni prima), ma più “ivanofossato”, se vogliamo coniare un neologismo. Tutto più grande, tutto più opulento: non solo una scritta fatta con bastoncino, ma un altare, magari all’interno di un tempio, destinato a raccogliere ben pochi tramonti, ma che vale comunque la pena di essere costruito.

Punti salienti

Ed io ci metto l’esperienza
Come su un albero di Natale

Non è il primo amore, certo. E’ un amore adulto, da cui non si viene investiti quindi ma da costruire (appunto). Un amore maturo, del valore di un albero di Natale, che ne hai costruiti così tanti che la prima cosa a cui pensi forse è a quando lo dovrai smontare.
Ma ad ogni Natale è sempre lì. E lui, l’amore, quest’anno ne sarà la stella più luminosa, in cima.

Dietro una porta un po’ d’amore
Per quando non ci sarà tempo di fare l’amore
Per quando vorrai buttare via
La mia sola fotografia

Il tempo, certo. Dopo i pomeriggi adolescenziali passati a perdere tempo seduti su una panchina a guardare il futuro, ora quel futuro è qui, ci ha raggiunti e sommersi, e si è riempito di impegni che ci impediscono di stare così, sulla sabbia, a guardare un gabbiano immobile.

Il tempo che ci ha concesso certo forse dei ricordi, ma ricordi vissuti così a fondo, così con gli occhi e così con il corpo da non aver prodotto quasi nient’altro di esterno a noi due, se non una sola fotografia, magari presa di nascosto, mentre si dorme.
(l’unico riferimento alla fotografia che giustifica la presenza del brano in questa rubrica)

Una fotografia da buttare, davvero, non da cestinare e recuperare poco dopo, ma da strappare in mille pezzi… magari, però, facendo attenzione a non strappare esattamente la metà del viso, così, per inutile gentilezza.

E sono qui
E mi meraviglia
Tanto da mordermi le braccia,
Ma no, son proprio io
Lo specchio ha la mia faccia

L’incredulità si è fatta sogno, un sogno così vero da dimostrare forse proprio in questo modo di essere nient’altro che un sogno.
E allora bisogna darsi dei pizzicotti, ma i pizzicotti non bastano, e allora bisogna mordersi, con forza, magari ricalcando il segno di un morso appena ricevuto poco prima.
Ma non ci si sveglia, per fortuna, e quello nello specchio, che ci fissa con la bocca un po’ aperta, siamo proprio noi.

E tutto ció mi meraviglia
Tanto che se finisse adesso
Lo so io chiederei
Che mi crollasse addosso

Ho avuto quel che volevo (e che forse non meritavo). Ho tastato con mano la felicità, ho raggiunto vette altissime, ho ritrovato qualcosa che credevo perso nei miei vent’anni…
E allora se deve finire, che finisca col botto!

Indimenticabile, ovviamente, la versione di Mia Martini.

Live 1982